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Quarta Sala

Quarta Sala

La venerazione della Vergine e dei Santi

Nella quarta sala il tema della venerazione per la Vergine e i Santi trova il suo sviluppo in numerose dipinti e sculture di notevole interesse storico e di elevato pregio artistico provenienti da diversi luoghi di culto oggi totalmente scomparsi, come la chiesa di San Martino, o in attesa di restauro come la cappella della Confraternita di Maria Santissima Addolorata in Santa Lucia. Da San Martino, abbattuta nell’800, proviene una Madonna del Rosario con i Santi Filippo Neri, Francesco Saverio, Sebastiano e Martino Vescovo, del 1750 circa, opera del lancianese Francesco Maria Renzetti nato nel 1711 e documentato fino al 1751. Alla bottega di Domenico Renzetti ( 1679 – 1750), padre del pittore Francesco Maria, sono invece attribuite due sculture raffiguranti la Pietà e l’Addolorata del 1733.

4.1 Domenico Renzetti (1679 – 1750), Madonna Addolorata, 1733, legno scolpito e dipinto. Proveniente dalla chiesa di Santa Lucia di Lanciano

La statua fu  commissionata nel 1733 dalla Confraternita di Maria Santissima Addolorata allo scultore lancianese Domenico Renzetti, nato nel 1679 e morto nel 1750,

Renzetti fu allievo dello scultore naturalizzato napoletano Giacomo Colombo nato ad Este nel 1663  e scomparso nella città di Napoli  nel 1731, del quale sono  presenti a Lanciano due opere dalla quale l’Addolorata sembra dipendere, la Madonna della Consolazione del 1708 in Sant’Agostino per la Confraternita di San Simone e Giuda e la Madonna della Candelora in San Biagio per la Confraternita dei Raccomandati.


 

 

 

 

 


4.1.1 Ambito Abruzzese, Sette dolori di Maria, metà sec. XIX, olio su tela. Provenienti dalla chiesa di Santa Lucia di Lanciano.

I sette tondi erano originariamente collocati intorno all’altare maggiore della Cappella della confraternita dell’Addolorata in Santa Lucia, nel quartiere del borgo.

Il primo rappresenta la profezia di Simeone nel giorno della presentazione al Tempio.

Nel Vangelo di Luca il vecchio Simeone annuncia a Maria le sofferenze che dovrà patire:

« Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima. »   (Luca 2,34-35)

Il secondo raffigura la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria per mettere in salvo Gesù durante la persecuzione di Erode (2,13-21).

Nel terzo vediamo Gesù dodicenne tra i Dottori del Tempio, episodio narrato nel Vangelo di Luca (2,41-50). Gesù si intrattenne nel tempio di Gerusalemme con i dottori della Legge, all’insaputa dei genitori che lo ritrovarono dopo tre giorni. Rappresenta l’unico episodio descritto dai vangeli circa la tarda infanzia di Gesù.

Nel quarto è dipinto l’incontro con Gesù sulla via del Calvario narrato nel vangelo di Luca 23,27-31 e in quello di Giovanni «Gesù vide sua Madre lì presente» (Gv 19, 26).

Nel quinto troviamo Maria ai piedi della croce

« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. »   (Giovanni 19,25-27)

Nel sesto assistiamo alla deposizione dalla croce,  come ci viene narrata in Matteo “Dopo che Gesù è morto e deposto dalla croce Maria lo accoglie tra le sue braccia prima che venga sepolto” (27,55-61).

L’ultimo è la Deposizione nel sepolcro

Giuseppe d’Arimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro. Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto. (Mc 15, 43, 46-47). VII)

4.2 Ambito Abruzzese, Madonna del latte, fine sec. XVII – inizi sec. XVIII, olio su tela. Proveniente dalla chiesa di Sant’Agostino di Lanciano.

Il dipinto, oggetto di fervente devozione nei secoli passati da parte delle partorienti e delle puerpere è copia da Lucas Cranach il Vecchio. La Madonna è raffigurata coi capelli sciolti, com’era uso fare alle donne che dovevano partorire e la perla a goccia sul suo petto è un evidente richiamo alla montata lattea. Dell’opera esistono altre versioni assai simili in collezioni private frentane.


 

 

 

 


4.3 Ambito Napoletano, Sacra Famiglia, fine sec XVII, olio su tela. Proveniente dal palazzo arcivescovile di Lanciano.

Il dipinto, di eccezionale livello qualitativo, proviene dalla cappella privata dell’appartamento episcopale ed è certamente tra i migliori della collezione museale. Il soggetto è un momento di riposo durante la fuga in Egitto, il Bambino assopito tiene l’orecchio sul cuore della Madre la quale teneramente col suo volto lo ripara dalla luce. Il probabile autore è stato indicato nel napoletano Filippo Falciatore.


 

 

 

 


4.4 Ambito sulmonese, pastorale, sec. XV, argento sbalzato e cesellato.

Il pastorale, secondo quanto tramandato, venne donato dai sulmonesi al primo vescovo di Lanciano, Mons. Angelo Maccafani di Pereto, che resse la Diocesi dalla sua istituzione, nel 1515, fino al 1529.

Sul nodo, nelle mandorle, furono inseriti, all’epoca della donazione, lo stemma di Lanciano alternato a quello di Maccafani così blasonato: "d'azzurro, al gallo stante su di una fascia diminuita, centrata, abbassata ed accompagnata in punta da tre bisanti, il tutto d'oro".

L’opera è un capolavoro d’oreficeria realizzato a cavallo tra Tre e Quattrocento di grandissimo valore storico e simbolico.

 


 

4.5 Polidoro da Lanciano, Madonna con Bambino, San Giovanni Evangelista e San Nicola, prima metà sec. XVI, olio su tavola. Proveniente dalla chiesa di San Nicola di Lanciano.

La tavola, che raffigura la Madonna con Bambino tra San Giovanni Evangelista e San Nicola di Bari, si trovava, fino al 1949, nella chiesa di San Nicola a Lanciano dalla quale venne spostata a L’Aquila per restauro. Solo nel 2009 un accordo tra il Ministero e l’Arcidiocesi frentana ne ha permesso il ritorno a Lanciano.

La strutturazione spaziale del dipinto è derivata da analoghe composizioni venete. Pur essendo stato restaurato nel 1952, sono ancora visibili le lacune che impediscono una valida considerazione dell'opera. Il colore ha perduto quella tonalità calda, di derivazione tizianesca, che originariamente doveva possedere e mostra oggi un colore abbastanza piatto e uniforme.

Il dipinto fu individuato dal Berenson nel 1912, e attribuito a Polidoro de Renzi da Lanciano, attribuzione confermata dal Venturi nel 1929.

Polidoro da Lanciano nacque a Lanciano circa nel 1515 da Paolo, figlio di Renzo, identificato tradizionalmente con un apprezzato ceramista.

Non si hanno notizie sugli anni della sua giovinezza e della formazione: dovette stabilirsi nella contrada San Pantaleone di Venezia, dove esisteva una comunità di immigrati abruzzesi, verso la metà degli anni '20 del XVI secolo.

Il presunto anno di nascita è stato ricavato dal suo testamento in articulo mortis del 1565, nel quale si dichiara cinquantenne.

Realizzò soprattutto dipinti a carattere devozionale per committenti privati: tra le sue opere, Il convito degli dei (Napoli, Museo di Capodimonte), Cristo e l'adultera (Londra, Walpole collection),  La discesa dello Spirito Santo (Venezia, Gallerie dell'Accademia) e “Il riposo della Sacra Famiglia con l’infante Giovanni Battista” ora al Louvre.

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